Il Rinascimento in Sicilia rappresenta il progressivo sviluppo della cultura e dell’arte rinascimentale nell’isola, a partire dai suoi centri di diffusione Firenze, Roma e Napoli, e i conseguenti esiti artistici che spesso rappresentavano un compromesso tra classicismo rinascimentale, il tardo substrato culturale medievale e il Influenze fiamminghe e gotiche. Infatti Messina, città facente parte della lega anseatica, sviluppò un forte legame culturale con i fiamminghi nonché la migrazione dei lavoratori fiamminghi che si stabilirono in Sicilia. Questa forte presenza fiamminga continuò nei secoli seguenti. Nei secoli XV e XVI la Sicilia fu prima sottoposta al governo aragonese e poi divenne parte dell’impero asburgico di Carlo V e del Regno di Spagna dei suoi successori.
La storia della lenta affermazione della lingua rinascimentale sull’isola può essere convenzionalmente avviata nel decennio tra il 1460 e il 1470 con la presenza in Sicilia di Antonello da Messina, Francesco Laurana e Domenico Gagini, talvolta presenti negli stessi luoghi, con influenze reciproche .
Premessa storiografica
Fino a pochi anni fa, la storiografia artistica, e non solo, concordava di considerare la cultura siciliana in una condizione isolata ed emarginata durante la dominazione spagnola, ritardando così lo studio dell’arte prodotta in Sicilia durante il Rinascimento e oltre. Il pensiero risorgimentale ottocentesco pesa su questo pregiudizio, volto a dimostrare l’interruzione dei rapporti tra la cultura italiana e la Sicilia dal periodo dei Vespri al XIX secolo. Questo pregiudizio sopravvisse fino al XX secolo e condizionò la comprensione dei fenomeni artistici. In effetti, da questo presupposto è venuto a vedere la povertà dell’arte siciliana. Negli ultimi decenni del XX secolo l’osservazione che i fenomeni artistici della Sicilia e di altre regioni meridionali erano ancora in gran parte da scoprire e la ricerca storica sui complessi rapporti tra l’isola e l’intero Mediterraneo tra XV e XVIII secolo secolo, ha portato a una profonda revisione storiografica, ma è rimasta a livello specialistico e settoriale. I primi studi e le prime rivalutazioni hanno interessato il periodo barocco, ma in seguito gli studi hanno notevolmente ampliato il panorama artistico del periodo rinascimentale, in Sicilia e in generale nell’Italia meridionale, caratterizzato dall’immigrazione in Sicilia di numerosi artisti dalla penisola e dalla formazione di importanti negozi locali.
La scomparsa delle opere
Si noti come, nella sottovalutazione delle espressioni artistiche siciliane del periodo rinascimentale, abbia contato la sostanziale distruzione di opere e testimonianze di terremoti. Particolarmente instabile è la persistenza delle testimonianze presenti nella città e nell’area di Messina (terremoti del 1562, 1649, 1783, 1894 e 1908) che hanno anche rappresentato la realtà territoriale più aperta alle novità, per il ruolo di protagonista nel commercio e nell’economia ma anche in altre zone dell’isola come la Val di Noto (terremoti del 1542, 1693, 1757, 1848). La ricostruzione di un panorama completo della produzione artistica e soprattutto architettonica è quindi problematica e la storiografia artistica, soprattutto per l’architettura, è frammentata di fronte a innumerevoli opere scomparse o drammaticamente cambiate. Esemplare a questo riguardo è la produzione architettonica di Andrea Calamech e Camillo Camilliani, praticamente annullata. Queste lacune riguardano anche prove documentali documentarie, che mancavano anche a causa di terremoti o negligenze. Come causa della frammentazione del percorso storico, soprattutto architettonico, bisogna anche contare i fuochi e soprattutto la sovrapposizione di rinnovamenti stilistici che hanno avuto uno sviluppo particolare nel XVIII e che possono essere esemplificati nella distruzione dell’opera manifatturiera siciliana del XVI secolo: la tribuna del Duomo di Palermo di Antonello Gagini. Oltre all’azione distruttiva dei terremoti, va tenuto presente che, a differenza della situazione attuale, la Sicilia era, fino a due secoli fa, un crocevia commerciale e culturale. Ciò ha causato una dispersione di manufatti artistici e intere collezioni al di fuori della regione se non, più frequentemente, al di fuori dell’attuale territorio italiano, come dimostrano gli eventi noti delle collezioni del tardo Rinascimento e del Seicento.
Umanesimo letterario
La Sicilia partecipò alla cultura umanistica rinascimentale con un grande fervore di studi greci, latini, arabi ed ebraici e con un’intensa ricerca di codici antichi. Intellettuali siciliani come Antonio Beccadelli, noto come Panormita, Lucio Marineo Siculo, Giovanni Aurispa, Antonio Cassarino e Pietro Ranzano, lavorarono e furono conosciuti fuori dalla Sicilia, ma non influenzarono profondamente la cultura e la produzione artistica dell’isola. A Messina, Costantino Lascaris fu attivo per molto tempo e anche Pietro Bembo fu per un breve periodo, a dimostrazione della particolare vivacità culturale della città.
Quattrocento
L’inizio del XV secolo è caratterizzato in Sicilia dall’influenza franco-provenzale e pisano-senese sulla cultura figurativa artistica che trova la massima espressione nell’affresco del capolavoro del Trionfo della morte tardo-gotico. I maggiori artisti del periodo sono Gaspare da Pesaro e suo figlio Guglielmo Pesaro.
In architettura l’intensa attività edilizia è caratterizzata dall’adesione alle forme tardo-gotiche con l’impronta iberica (soprattutto nella Val di Noto), e dalla persistenza di decorazioni e motivi planimetrici che si ripetono dall’epoca normanna.
Palermo e Messina, tra le principali città, attraversarono una fase di crescita demografica ed economica nel XV secolo grazie alla presenza del porto e di numerose comunità di mercanti pisani, veneziani, lombardi e genovesi. Anche la struttura sociale della città fu rinnovata con una classe di funzionari e commercianti che si unirono alla nobiltà costruendo palazzi nobiliari e cappelle e richiedendo manufatti raffinati di grande valore.
Questi locali, grazie all’arrivo di numerosi artisti della penisola e all’influenza dell’ambiente artistico napoletano del periodo di Alfonso II, permisero il rinnovamento del linguaggio artistico in Sicilia.
Antonello e pittura
La figura gigantesca nel panorama culturale del primo Rinascimento in Sicilia è Antonello da Messina che con la sua complessa formazione tra Napoli, Venezia e le Fiandre dimostra la circolazione di idee che hanno caratterizzato l’epoca. Le sue opere per le commissioni dell’isola e il suo definitivo ritorno a casa, intorno al 1476, rappresentarono la prima affermazione nell’isola della pittura rinascimentale, grazie ad un laboratorio affollato che introdusse nella produzione tradizionale il nuovo gusto per la figura umana, il genere pittorico del ritratto e un nuovo ruolo dell’artista non sono più solo un anonimo artigiano. Tra la sua famiglia che continuerà il laboratorio (suo figlio Iacobello e i suoi nipoti Antonio di Saliba, Pietro di Saliba e Salvo d’Antonio) e tra i suoi allievi e seguaci diretti e indiretti (Alessandro Padovano, Giovanni Maria Trevisano, Giovannello da Itala, Marco Costanzo , Antonino Giuffré, Alfonso Franco, Francesco Pagano), alcuni dei quali erano attivi anche in Veneto, nessuno è diventato un grande artista, ma la loro produzione, che comprendeva anche copie di Antonello, si diffuse in Sicilia e Calabria, dove ci sono molte opere del scuola di Antonello, anche se difficile da assegnare, data la mancanza di studi su molti pittori della sua cerchia. Il più avanzato degli Antonelliani fu Antonio Salvo che aggiorna il suo stile con influenze non solo da Venezia ma anche da Ferrara.
A Palermo l’ambiente pittorico era meno vivace e il maggiore artista alla fine del secolo è Riccardo Quartaro, formatosi a Napoli, che ha influenzato molti artisti locali minori.
I Gagini, Laurana e la scultura a Palermo
La scultura rinascimentale venne invece in Sicilia per opera di Francesco Laurana che per alcuni anni lavorò in Sicilia a partire dal 1466. Aprì un laboratorio a Palermo influenzando molti artisti (Domenico Pellegrino, Pietro de Bonitate, Iacopo de Benedetto) diffondendo le forme del primo Rinascimento.
Il luogo che meglio rappresenta questo momento cruciale per l’arte siciliana è la chiesa di San Francesco d’Assisi in cui Laurana e Pietro da Bonitate realizzarono la cappella rinascimentale di Mastrantonio. La tomba di Antonello Speciale, attribuita da alcuni a Laurana ma molto probabilmente attribuita a Domenico Gagini, è ancora presente nella stessa chiesa. Entrambi gli artisti venivano da Napoli, dove avevano lavorato all’Arco di Trionfo di Castel Nuovo, in un importante cantiere per molti artisti e cruciale per l’arte rinascimentale nel sud Italia.
Infatti, nel 1463, dopo essere stato forse allievo del Brunelleschi e aver lavorato a Napoli con Laurana e altri, Domenico Gagini era arrivato in Sicilia, che si fermò sull’isola e diede vita a un negozio e una dinastia di scultori che caratterizzarono la scultura siciliana per lungo tempo. Ha importato sull’isola le varie influenze culturali che hanno caratterizzato la sua formazione e persino l’uso del marmo di Carrara. La sua prima attività sull’isola è legata alla chiesa di San Francesco (altare di San Giorgio e il drago) dove era attiva anche la Laurana e che rappresenta quindi un luogo chiave per l’introduzione del gusto rinascimentale sull’isola.
Oltre ai Gagini, molti lavoratori del marmo longobardo (tra cui Gabriele di Battista, anch’egli napoletano) e i toscani aprirono i loro negozi in Sicilia, in particolare a Palermo ea Messina. I marmorari di Palermo (molti furono Carraresi) divennero una corporazione nel 1487. La loro attività diede vita all’esecuzione di altari, portali, finestre, colonne che aggiornarono, anche se in modo episodico, il linguaggio decorativo dell’architettura, secondo il sempre più esigente richieste del cliente, ma convivono l’architettura tardo-gotica e la scultura architettonica del Rinascimento.
La scultura a Messina
Tra gli artisti più interessanti attivi a Messina Giorgio da Milano, Andrea Mancino, Bernardino Nobile e il Carrarese Giovan Battista Mazzolo, titolare di un’importante bottega, a cui si è affiancato il Messina Antonio Freri (anch’egli attivo a Catania), senza contare la presenza di Antonello Gagini, figlio di Domenico, a Messina tra il 1498 e il 1507.
Come a Palermo, questi artisti toscani e lombardi hanno portato in città e nei dintorni fino alla Calabria, il ricco repertorio di decorazioni architettoniche classiciste. Tuttavia, per tutto il XV secolo, nonostante alcune interpretazioni ormai obsolete, l’architettura continuò a seguire la tradizione tardo-gotica nonostante la presenza di episodi decorativi rinascimentali. Tuttavia, va notato che la distruzione di eventi sismici ha alterato la possibilità di indagare a fondo su questo periodo.
Esempi del rapporto dialettico tra architettura e scultura possono essere citati i portali rinascimentali della chiesa madre di Santa Lucia del Mela (fine XV secolo), attribuiti a Gabriele di Battista e al portale laterale della chiesa madre di Mistretta, (1494), attribuito a Giorgio da Milano.
Architettura
Il rinnovamento del linguaggio quindi non coinvolse immediatamente l’intero organismo edilizio. Il principale architetto siciliano del XV secolo era infatti Matteo Carnilivari che usava un linguaggio personale con elementi gotici e catalani, come nella chiesa di Santa Maria della Catena a Palermo. Il suo prestigio come costruttore era uno degli ostacoli all’affermazione della lingua rinascimentale, al di fuori del repertorio decorativo dei marmisti.
Oltre alle poche tracce lasciate da Laurana, alla fine del XV secolo, la lingua rinascimentale si può trovare solo in episodi minori come la cappella di Ventimiglia nella chiesa di San Francesco a Castelbuono.
Personaggi permanenti
Dal XV secolo sono stati definiti alcuni tratti permanenti della cultura siciliana del periodo: il ruolo preminente del clero come committenza; la presenza di molti artisti appartenenti a ordini religiosi, spesso formati all’interno degli ordini; le differenze artistiche e culturali tra le grandi città dell’isola (Messina e Palermo, ma anche Catania e Siracusa); l’arrivo dall’esterno degli artisti; i viaggi di formazione di artisti locali in una circolarità di uomini, opere e conoscenze.
Primo XVI secolo
Episodi rinascimentali in architettura
Il progressivo assorbimento di elementi del classicismo rinascimentale in architettura procedette lentamente e si svolse principalmente in modo episodico come la sagrestia della cattedrale di Siracusa o in piccoli edifici come le cappelle del piano centrale collegate all’edificio di culto.
Tra questi la cappella Naselli a San Francesco a Comiso, la cappella dei Confratelli a Santa Maria di Betlem a Modica, la cappella della Dormitio Virginis a Santa Maria delle Scale a Ragusa. la Cappella dei Marinai nella Chiesa dell’Annunciazione a Trapani, di Gabriele di Battista.
In stile rinascimentale la facciata del Duomo di Siracusa, distrutta dal terremoto del 1693, fu creata dalla grandiosa tribuna della cattedrale di Palermo da Antonello Gagini, distrutta alla fine del XVIII secolo, probabilmente l’opera rinascimentale più significativa in Sicilia la cui costruzione durerà alcuni decenni, dal 1510 al 1574, e che dopo la morte di Antonello nel 1537, sarà completata dai figli Antonino, Giacomo e Vincenzo.
Per Antonello Gagini è probabilmente anche il progetto della chiesa di Santa Maria di Porto Salvo che, nonostante l’uso di alcuni archi a sesto acuto introdotti dai costruttori locali, ha uno spaziale completamente rinascimentale.
Pittura
Nel 1517 il dipinto di Raffaello Andata al Calvario (in seguito chiamato lo Spasimo di Sicilia) arrivò a Palermo e influenzò molti artisti, sia pittori che scultori. Quasi contemporaneamente, dal 1519 Vincenzo da Pavia era attivo nella città. In questo modo la “maniera” moderna è stata introdotta nella città, anche in un ambiente ancora molto legato ai modi del quindicesimo secolo.
Già nella prima fase del secolo arrivarono in Sicilia diversi artisti napoletani come Mario di Laurito. Il flusso di artisti non era a senso unico ei pittori siciliani erano attivi al di fuori dell’isola: Giacomo Santoro a Roma e Spoleto, Tommaso Laureti a Roma e Bologna.
Altri pittori manieristi della penisola erano attivi a Palermo, come Orazio Alfani.
Tra gli artisti siciliani della prima metà del secolo Vincenzo degli Azani.
Nei primi due decenni del Cinquecento soggiornò due volte a Messina Cesare da Sesto portando uno stile tra Raffello e Leonardo che influenzerà l’ambiente artistico della città e in particolare Girolamo Alibrandi, artista ben noto ai suoi tempi ma di cui pochi le opere rimangono scarse notizie.
Nel 1529, dopo il Sacco di Roma, si stabilì a Messina, dove rimase fino alla morte, Polidoro da Caravaggio, che introduce in Sicilia i modi figurativi romanici raffaelleschi, ma adattando la propria pittura, a contatto con la religiosità devozionale tipica del isola, accentuando il patetico dei personaggi. Polidoro collaborò alle mostre effimere preparate per l’ingresso di Carlo V a Messina nel 1535, un evento che non mancò di rappresentare un momento di profonda innovazione nella cultura figurativa. Il più importante allievo di Polidoro era Deodato Guinaccialong attivo a Messina. Un folto gruppo di manieristi siciliani opererà anche a Napoli, simmetricamente con i manieristi napoletani attivi in Sicilia. Tra gli artisti siciliani Stefano Giordano.
Scultura tra Rinascimento e Manierismo
La scultura cinquecentesca in Sicilia ha confermato un ruolo da protagonista nella svolta decisiva dal tardo gotico al rinascimento. Questa evoluzione ha caratteristiche diverse tra Messina e il resto dell’isola. A Palermo, infatti, opera per tutto il secolo e oltre, il laboratorio Gagini con una produzione che alterna opere ripetitive di negozi e commissioni prestigiose che coinvolgono anche tipologie scultoree tipiche dell’isola, come i tabernacoli marmorei fiancheggiati da angeli.
Il più importante esponente del laboratorio è Antonello, figlio di Domenico, console dei marmisti di Palermo, artista con una complessa educazione culturale che lo ha portato anche a Roma, accanto a Michelangelo e che ha lavorato anche a Messina. La sua formazione aggiornata gli ha permesso di superare gli stili derivati da Laurana e dal padre Domenico, che erano diventati un modo. Nel negozio Gagini, oltre ai familiari, hanno lavorato molti artisti, tra cui Giuliano Mancino, Antonio e Bartolomeo Berrettaro, Vincenzo Carrara e Fedele Da Corona.
A Messina invece assistiamo all’arrivo di numerosi e importanti scultori toscani, che dominano a lungo il panorama culturale della città, diffondendo lo stile manierista non solo in Sicilia, ma anche in Calabria.
Giovanni Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, dopo una lunga peregrinazione stabilì a Messina dal 1547 al 1557, lasciando numerosi seguaci, come Giuseppe Bottone, e importanti opere come la Fontana di Orione e la Fontana di Nettuno.
Martino Montanini, a Messina dal 1547 al 1561, collaboratore di Montorsoli e del suo successore come capo del Duomo, dove scolpì statue, oggi disperse.
Andrea Calamech, allievo di Bartolomeo Ammannati, si stabilì in città nel 1563 e fu a capo di un’importante officina che comprendeva il figlio Francesco, il nipote Lorenzo Calamech e il genero Rinaldo Bonanno.
Altri scultori manieristi, soprattutto toscani, presenti in Sicilia per periodi più o meno lunghi furono Michelangelo Naccherino e Camillo Camilliani.
Oltre alla scultura in marmo, la tradizione della scultura in stucco e legno continua, dando i risultati più sorprendenti nel diciassettesimo secolo.
Secondo il Cinquecento
Qualunque sia l’adesione della Sicilia alle forme rinascimentali, in tempi più o meno tardi e in modi più o meno condizionati da tradizioni preesistenti, nella seconda metà del secolo l’isola è perfettamente aggiornata al panorama artistico della penisola e in particolare di Roma, recependone tutta la complessità fatta di tardo manierismo, classicismo, temi della Controriforma e molto altro.
In questo periodo le novità continuano ad essere portate da artisti e architetti immigrati in Sicilia dai principali centri artistici italiani. Dopo questo periodo, questo fenomeno si interrompe e i principali artisti attivi in Sicilia nel XVII secolo sono nativi dell’isola, spesso formata a Roma, poiché inizia già a partire dalla seconda metà del XVI secolo.
Architettura manierista
Giovanni Angelo Montorsoli e soprattutto Andrea Calamech furono utilizzati dalle autorità cittadine nel ruolo non solo di scultori, ma anche di architetti introducendo così il classicismo manierista a Messina, in opere ormai scomparse, come il Palazzo Reale e l’Ospedale Maggiore di Calamech.
Il manierismo in architettura trovò anche interpreti siciliani tra i quali Natale Masuccio progettista, tra l’altro, il Monte di Pietà di Messina di cui rimane un portale caratterizzato dal rustico e allievo Jacopo Del Duca di Michelangelo e attivo a Roma dove compì alcuni lavori di Il capo. Ritornato a casa nel 1588 fu attivo per un decennio a Messina dove fu nominato architetto della città, succedendo a Calamech e realizzò diverse opere, quasi tutte distrutte dai terremoti, ma importanti per i successivi sviluppi dell’architettura siciliana.
Dipingendo verso il barocco
La pittura siciliana del secondo Cinquecento viene aggiornata a tutte le diverse tendenze della cultura figurativa italiana, ma non ha grandi personalità. I più importanti pittori sono Antonio Catalano, Giuseppe Spatafora, Antonio Ferraro e Giuseppe d’Alvino.
Durante la seconda metà del secolo gli artisti siciliani provenivano da diversi stili stilistici tra cui lo spagnolo Juan de Matta, attivo nella prima metà del secolo, il fiammingo Simone de Wobreck, attivo in Sicilia dal 1557 al 1587, il romano Orazio Borgianni nel l’ultimo decennio, prima di trasferirsi in Spagna.