Il Teatro Scientifico di Mantova (o Teatro Bibiena o Teatro dell’Accademia Scientifica), fu realizzato da Antonio Bibbiena nel 1767 – 69 e decorato, nel 1773 – 75, con una facciata di Piermarini realizzata da Paolo Pozzo (1741-1803).
La sala delle meraviglie
Un tempo utilizzata come aula per gli incontri dell’Accademia, una delle più importanti istituzioni culturali della città di Mantova, questa sala a forma di campana nel tempo è diventata lo spazio ideale per gli spettacoli. Qui musica e architettura si fondono e danno vita a esperienze straordinarie.
Musica e forme
La combinazione di materiali diversi, in particolare il legno, e la continua variazione del modo in cui colonne, scatole e timpani ruotano attorno al palco, contribuiscono alla creazione di una visione mozzafiato, mitigata dalla morbidezza dei colori utilizzati per gli affreschi.
Coperta del teatro
Nella seconda metà del XIX secolo, l’edificio che ospitava l’Accademia, che all’epoca era sull’orlo del fallimento, fu donato al Comune di Mantova. L’Accademia Nazionale di Virgilio rimase un po ‘inattiva e iniziò a funzionare nuovamente negli anni Trenta; il teatro tuttavia è rimasto abbandonato. Il restauro iniziò solo nel 1963, e fu completato nel 1972. Il teatro fu riaperto con un concerto di Mozart eseguito dal Mozarteum Orchestre di Salisburgo. Negli anni seguenti il Teatro Bibiena divenne un luogo in cui si tenevano importanti concerti. Qui si sono esibite grandi orchestre da camera e famosi solisti. Nel 2007, per celebrare la fine della prestigiosa stagione, Orfeo di Claudio Monteverdi è stato messo in scena con la regia di Gianfranco De Bosio, in occasione del quattrocentesimo anniversario della prima rappresentazione.
È tutto pronto
Il Teatro Bibiena è unico nel suo genere. Le sue dimensioni non sono impressionanti: quasi diciassette metri di larghezza e più di venticinque metri di lunghezza. La sua funzione è ambigua, così come la sua qualità estetica: sicuramente un luogo per spettacoli, ma con una scena fissa e priva di proscenio. Lo stile dell’edificio è anticlassico, tanto che la facciata e la sala intitolata all’imperatrice Maria Teresa, completate negli stessi anni, sono molto diverse dall’interno. Lo stile è più tardo barocco del rococò, uno stile che è davvero in grado di riunire e creare armonia tra elementi architettonici di epoche diverse.
I palchi e il soffitto
Una delle idee più originali di Antonio Bibiena era quella di creare un’improvvisa apertura nell’area del palcoscenico e di posizionare due statue a destra e a sinistra, leggermente sopra il palco. Queste statue sono di Baldassarre Castiglione e di Gabriele Bertazzolo. L’area circostante è piena di scatole e qui sono collocate altre due statue, di Virgilio e di Pomponazzo. Questa disposizione sembra riflettere la doppia natura del luogo: si tratta sia di teatro che di sala accademica, in teoria permettendo al pubblico di svolgersi ovunque intorno al palcoscenico e al parterre, un palcoscenico che può essere visto da qualsiasi parte della sala. In questo teatro è molto difficile presentare rappresentazioni teatrali con una scenografia complessa, anche la meno complessa. Qui l’architettura stessa funge da sfondo per le esibizioni.
Una caratteristica distintiva della sala è che, sebbene sia piccola, dà l’impressione di svolgersi e di allargarsi, indipendentemente da dove si trova lo spettatore. Notevole anche l’uso del colore, il modo in cui bianco e marrone sono fatti per alternare. Tutta la decorazione è sovrapposta alla parete sottostante, in modo che nessuna di esse sia portante. L’uso di legno e gesso, ad esempio, per i capitelli, non rende la struttura più pesante; inoltre svolge un ruolo importante in quanto minimizza l’eco e crea una magnifica cassa di risonanza.
La campana perfetta
Ammirando il soffitto dal basso, è possibile vedere la caratteristica forma a campana che costituisce l’essenza del teatro. Va notato che questo soffitto, un affascinante mix di decorazioni geometriche e floreali, fu costruito in legno nella seconda metà del diciannovesimo secolo. La traforo ornamentale si ispira agli elementi della chiesa parrocchiale di Villa Pasquali, una cittadina nella zona di Mantova, vicino a Sabbioneta. Questa chiesa, dedicata a Sant’Antonio Abate, è stata progettata da Antonio Bibiena, che ha lavorato al progetto nello stesso periodo in cui ha lavorato al teatro.
La balaustra dipinta che racchiude la decorazione sul soffitto.
Guardando il palcoscenico da questa posizione è possibile ammirare il grande arco scenico, composto da due archi paralleli, impreziositi da spirali, che sembrano essere supportati da alte colonne corinzie tra le quali si trovano altre scatole. Le colonne corinzie continuano anche dietro il palco, nobilitando lo spazio per la rappresentazione.
virgilio
Il desiderio di Antonio Bibiena era di collocare quattro statue di quattro dei più influenti cittadini di Mantova, divinità protettive della città, all’interno della sala. Le statue sono in una posizione di rilievo, due di esse sono sul retro del palco, le altre due su ciascun lato dell’arco del proscenio. La statua della personalità più importante, Virgilio (Ande 70 aC, Brindisi 19 aC), è sul retro, all’interno di un’elegante nicchia, sopra di esso un timpano. Il poeta indossa una corona intorno alla testa, è in piedi accanto a un tronco d’albero e tiene in mano un libro che contiene il suo lavoro. Il suo aspetto giovanile e gentile, insieme all’albero a cui si trova accanto, forma un’atmosfera bucolica simile a quella che caratterizza il suo lavoro.
Un uomo del Rinascimento
Baldassare Castiglione (Casatico 1478, Toledo 1529), nacque in una nobile famiglia, fu studioso e diplomatico e visse nel periodo dei Gonzaga. In particolare, fu un consigliere molto influente di Isabella d’Este e di suo figlio il duca Federico. È anche autore del capolavoro “Il Libro del Cortigiano”, un’opera in cui un gruppo di illustri banchetti, riuniti nel palazzo di Urbino, conversano sul vivere bene e l’arte. Baldassare Castiglione frequentò Roma mentre Raffaello lavorava lì e convinse Giulio Romano, allievo di Raffaello, a trasferirsi a Mantova dopo la morte del famoso pittore. La sua statua, a sinistra dell’arco del proscenio, mostra Castiglione pensieroso che legge un libro. La sua barba è simile a quella che appare nel famoso ritratto di lui dipinto da Raffaello.
Pomponazzo
Pietro Pomponazzi (Mantova 1462, Bologna 1525), noto anche come Peretto di Mantova, fu un filosofo di notevole importanza. Professore all’Università di Padova, ha vissuto a Carpi, Ferrara e Bologna. La sua opera più notevole è “Il Trattato sull’immortalità dell’anima”, un trattato sull’immortalità dell’anima, in cui affermava che l’immortalità non può essere dimostrata razionalmente, qualcosa che lo esponeva al grave rischio di essere accusato di eresia. La sua statua è collocata all’interno di una nicchia sormontata da un timpano, sul retro del palco. Indossa un cappello da dottorato e tiene in mano un libro con una mano mentre con l’altra indica il testo sulla pagina.
Gabriele Bertazzolo
Sul lato destro dell’arco del proscenio possiamo vedere la statua di Gabriele Bertazzolo (Mantova 1570, Mantova 1626). Era un ingegnere e cartografo, famoso per la grande mappa della città di Mantova completata nel 1596, una mappa che è ancora oggi un prezioso punto di riferimento per la comprensione dell’urbanistica effettuata nel periodo Gonzaga. In particolare, Bertazzolo era un ingegnere idraulico e militare. Questa statua completa il gruppo delle quattro figure. Sorride, in una mano tiene la bussola, nell’altra un foglio di carta, probabilmente uno dei suoi progetti.
Camera di Maria Teresa
Sebbene questa ampia sala rettangolare sia di solito denominata “Sala Piermarini”, la camera, che si trova all’ultimo piano del teatro appena sopra la sala d’ingresso, è dedicata all’imperatrice Maria Teresa, come è indicato da una grande placca di marmo , posto sotto due figure maschili alate e sopra un camino. La sala è stata progettata da Paolo Pozzo, che ha creato uno spazio luminoso ornato da rappresentazioni, che da un lato onorano la grande imperatrice e dall’altro esaltano il genio, l’intelligenza, le arti. I bassorilievi della sala sono opera del Ticino Stanislao Somazzi, progettato dal pittore Giuseppe Bottani (1717 Cremona, Mantova 1784), direttore dell’Accademia di Belle Arti.
L’ingresso alla stanza è sul lato lungo. A destra e a sinistra le due pareti più corte sono abbellite ciascuna da un frontone neoclassico. All’interno del timpano vi sono Apollo con la sua lira, mentre nell’altra parte Minerva regge gli scudi con la testa di Medusa. Sulla quarta parete, di fronte all’ingresso, c’è un camino con una targa in onore dell’Imperatrice.
ritratti
Tre grandi dipinti sono appesi al lungo muro, di fronte al muro con finestre e camino. Sono di Hubert Maurer, un pittore accademico abbastanza noto, che lavorava alla corte viennese. A destra, l’imperatrice Maria Teresa di Spagna (1717-1780), un genio illuminato, protegge i soggetti e rafforza l’Accademia che risiede nell’edificio. Alla sua sinistra, suo figlio Giuseppe II, che divenne imperatore nel 1765 e che continuò a portare avanti l’illuminata politica di sua madre; più a sinistra, suo marito Francesco I, che divenne imperatore nel 1745, che era già morto al momento della pittura del ritratto.
Giuseppe II, figlio di Maria Teresa e Francesco I, è ritratto in una posa quasi eroica. Le sue caratteristiche sono dipinte con un certo realismo e sono molto espressive. Vale la pena notare il paesaggio dietro di lui. Giuseppe II fu anche chiamato Sacrestano Imperatore a causa dei suoi sforzi per esercitare anche la giurisdizione ecclesiastica.
decorazioni
L’opera che appare sopra la targa dedicatoria, posta sopra il camino, mostra due figure maschili alate che reggono una grande corona. Quello a sinistra porta l’emblema della città di Mantova, quello a destra è in piedi accanto a un libro, una bussola, un goniometro, una foglia di palma. È evidente che qui ciò che viene celebrato è l’unione intellettuale tra il genio del luogo di nascita di Virgilio e il genio dell’Accademia, l’istituzione che presiede le scienze e le arti. Lo stucco modellato è particolarmente affascinante ed espressivo. Da notare la presenza nella stanza di rilievi in stucco, più piccoli, dedicati alle diverse scienze e alle belle arti.
Apollo, divino protettore delle arti, appare qui circondato dagli oggetti con cui viene identificato: corone di alloro, un libro, urne. Naturalmente ha con sé la sua cetra, lo strumento il cui suono evoca la grazia di tutte le invenzioni artistiche.
Un’immagine memorabile
Un’ultima occhiata prima di lasciare il teatro. In piedi all’ingresso, sotto il portale, è possibile ammirare la pianta a campana del teatro, giustamente considerata la più bella. Da qui possiamo apprezzare la vista del palcoscenico e del parterre, che ovviamente in passato non aveva posti a sedere fissi.
Facendo un passo indietro è possibile apprezzare meglio il meraviglioso gioco di forme. Tutto prende vita grazie al contrasto tra due colori, il bianco degli elementi architettonici essenziali e l’ocra scura delle parti più decorative. Sopra, maggiore armonia ed effetti compositivi sono creati dall’intersezione del soffitto con grandi arcate e con la struttura che sormonta l’ingresso.
Proprio come nella camera degli Sposi del XV secolo di Andrea Mantegna, nella Sala dei Giganti del XVI secolo di Giulio Romano, l’opera settecentesca di Antonio Galli Bibiena racchiude in un piccolo spazio tutta una varietà di riferimenti artistici. Come nei due casi precedenti, l’autore è qui in grado di creare una relazione diretta tra lo spazio e il visitatore, che entra in contatto con l’unicità di un luogo diventato universale.