Il terzo piano, iniziato dalla Scala d’Oro, che termina nel cosiddetto Atrio quadrato, si affaccia sul cortile del palazzo. Tra la Scala d’Oro e il molo ci sono alcune sale dedicate al Consiglio dei Dieci, che ha qui il suo quartier generale, la sala Tre Capi e l’Armeria. Tra la scala dorata e la Basilica di San Marco, dopo la Sala delle Quattro Porte, ci sono sale dedicate al Senato e al Collegio.
The Square Atrium
La stanza serviva in gran parte come una sala d’aspetto, l’anticamera di varie sale. La decorazione risale al XVI secolo, durante il periodo del doge Girolamo Priùli, che appare nel dipinto del soffitto di Tintoretto con i simboli del suo ufficio, accompagnato dalle allegorie di Giustizia e Pace. Le quattro scene d’angolo, probabilmente del laboratorio di Tintoretto, comprendono storie bibliche – forse un’allusione alle virtù del Doge – e allegorie delle quattro stagioni. L’arredamento celebrativo della sala è stato completato da quattro dipinti di scene mitologiche, che ora si trovano nell’anticamera della Sala del Consiglio Superiore. Il loro posto qui è stato preso da Girolamo Bassano L’angelo che appare ai pastori e altre scene bibliche che sono, con riserve, attribuite a Veronese.
Sala delle quattro porte
Questa stanza era l’anticamera formale delle sale più importanti del palazzo, e le porte che le danno il nome sono riccamente incorniciate in preziosi marmi orientali; ciascuno è sormontato da un gruppo scultoreo allegorico che rimanda alle virtù che dovrebbero ispirare coloro che si sono assunti le responsabilità del governo. L’incendio del 1574 in questa zona danneggiò questa stanza e quelli immediatamente dopo gravemente, ma fortunatamente senza danni strutturali. L’arredamento attuale è opera di Antonio da Ponte e design di Andrea Palladio e Antonio Rusconi. Il soffitto a cassettoni – con decorazioni a stucco di Giovanni Cambi, noto come Bombarda – contiene affreschi di soggetti mitologici e delle città e regioni sotto il dominio veneziano. Dipinto da Jacopo Tintoretto dal 1578 in poi, questo schema decorativo è stato progettato per mostrare uno stretto legame tra la fondazione di Venezia, la sua indipendenza e la missione storica dell’aristocrazia veneziana – un programma di autocelebrazione che potrebbe essere già visto nella Scala d’oro. Tra i dipinti sulle pareti, uno che spicca è il ritratto di Tiziano del doge Antonio Grimani (1521-1523) inginocchiato davanti a Fede. Sul cavalletto c’è una famosa opera di Tiepolo; dipinto tra il 1756 e il 1758, mostra Venezia ricevendo i doni del mare da Nettuno.
Gli elementi salienti di questa stanza sono il suo sviluppo attraverso la profondità dell’edificio, che determina la presenza di polifori sia sul lato rivolto verso il cortile che su quello che sovrasta il Rio di Palazzo, e la presenza di quattro porte monumentali che portano all’Anticollegio , il Quadrato di Salotto, la Sala del Consiglio dei Ten e la Sala del Senato. I grandiosi portali in marmo venato consistono in colonne corinzie che reggono un architrave reggente, ognuna di esse, tre statue allegoriche. I più preziosi, sul portale Anticollegio, sono di Alessandro Vittoria. Il soffitto, voltato a botte secondo un progetto del Palladio eseguito da Giovanni Cambi, detto il Bombarda, è decorato con sontuosi stucchi bianchi e dorati, realizzati da Giovanni Cambi, che incorniciano gli affreschi del Tintoretto ma contribuiscono anche alla decorazione stessa. Gli stucchi sono così preziosi che a volte questa stanza è conosciuta come Sala degli Stucchi. Il progetto degli affreschi è attribuito a Francesco Sansovino. Le pareti sono interamente ricoperte da dipinti con soggetti storici o allegorici di cui Venezia è protagonista. Il più famoso dei lavori è Il doge Antonio Grimani in adorazione prima della Fede dipinto da Tiziano intorno al 1575. Risale al 1745. Venezia riceve da Nettuno i doni del mare, da Giambattista Tiepolo, originariamente posto sul soffitto ed ora esposto su uno stand davanti alle finestre in modo da poter apprezzare i colori. Henry III re di Francia arriva a Venezia accolto dal doge Alvise Mocenigo e il patriarca è invece un’opera di Andrea Vicentino,
Nella stessa stanza, la pittura murale degli ambasciatori di Norimberga che merita di essere menzionata sulle leggi veneziane come regola del loro governo, merita menzione il lavoro dei fratelli Carlo e Gabriele Caliari.
La copia delle leggi fu concessa dal Doge Loredano tra il 1506 e il 1508, con l’approvazione del Senato locale, che in seguito commissionò due opere d’arte per trasmettere ai posteri il ricordo di un fatto che mostrava rispetto e riverenza che avevano per le loro leggi [veneziane] anche altre nazioni, completamente ignorate dagli autori che riportano gli eventi contro le armi confederate a Cambrais.
Una prima versione è stata dipinta in chiaroscuro da Andrea Vicentino nel mezzanino della Sala del Consiglio Maggiore, descrivendo un senatore mentre breve manu consegna una copia del codice ai quattro ambasciatori. In seguito, i fratelli Carlo e Gabriele Caliari, poco dopo la morte del loro padre e maestro Paolo, dipinsero la stessa scena a colori, nella sua cornice storica della Sala del Consiglio Maggiore: il doge sul trono, accanto ai consiglieri, uno di cui consegnò il prezioso libro a uno dei quattro confermati.
I quattro legati di Norimberga erano patrizi della città, raffigurati nei due dipinti del Palazzo Ducale mentre indossavano sontuose vesti del paese d’origine. Il Doge consegna 12 fogli di pergamena illustrati e in latino che presentano la legge civile veneziana vivente in quel momento.
Il fatto fu confermato da Giustiniani, Pietro, Limneo su testimonianza di Scotti, Doglioni, e vari storici Alemanni.
Nel 1863, l’originale consegnato ai legati fu tenuto nella Curia Tutoria di Norimberga, e una terza copia era presente a Venezia. Norimberga ebbe molte istituzioni di diritto romano e poi cambiò per adottare le istituzioni pubbliche di Venezia.
Sala dell’Anticollegio
Dalla Sala delle Quattro Porte era anche possibile entrare nella Sala dell’Anticollegio, comunicando anche con il Collegio, dove tra le opere di Veronese, Tintoretto e Alessandro Vittoria le delegazioni aspettavano di essere ricevute dalla Signoria di Venezia. Questo luogo era quindi l’anticamera d’onore che precedeva la residenza della Signoria. La decorazione di questa sala è anche il risultato della ricostruzione dopo l’incendio del 1574, su disegni di Palladio e Giovanni Antonio Rusconi, anche se i lavori furono completati dal Proto Antonio Da Ponte.
La volta è coperta da ricchi stucchi che contengono affreschi di Paolo Veronese, purtroppo consumati. Nell’ottagono al centro, nei colori vivaci del Veronese, Venezia è raffigurata nell’atto di conferire onori e ricompense, mentre gli ovali monocromatici sono ormai difficilmente leggibili. Le tele alle pareti sono di notevole bellezza, l’opera dei più grandi autori della terza metà del secolo a Venezia. Una volta le pareti erano coperte di pelli d’oro.
Tra i lavori alle pareti, di Tintoretto sono i quattro dipinti mitologici ai lati delle porte, inizialmente destinati alla Sala anteriore delle Quattro Porte e costruiti nell’anno 1576: Tre Grazie e Mercurio, Arianna, Venere e Bacco, La Pace, Concordia e Minerva che scaccia Marte, Fucina di Vulcano. Questo ciclo, le cui tele sono disposte simmetricamente in cornici di stucco, basate su un programma iconografico molto complesso, è una delle principali opere del pittore nel campo mitologico e allegorico. Le figure, il cui sfondo è le varie stagioni dell’anno, alludono a momenti di prosperità e armonia e simultaneamente ai quattro elementi primordiali: terra, acqua, aria e fuoco. Davanti alle finestre ci sono il Ratto di Europa del Veronese (opera del 1580 che ispirerà con la sua leggera malinconia i pittori veneziani del XVIII secolo) e il Ritorno di Giacobbe di Jacopo Bassano (contemporaneo al precedente e caratterizzato da uno straordinario realismo). L’imponente camino in marmo bianco, che mostra un fregio e un dente di chiara ispirazione palladiana e si trova lungo il muro in cui si aprono le finestre, è sostenuto da due telamoni, attribuiti a Girolamo Campagna, sormontati da un bassorilievo raffigurante Venere che egli chiede armi a Vulcano di Tiziano Aspetti. Sul portale è presente un gruppo scultoreo costituito da tre figure, tutte di Alessandro Vittoria, raffiguranti Venezia tra la Concordia e la Gloria. è sostenuto da due telamoni, attribuiti a Girolamo Campagna, sormontati da un bassorilievo raffigurante Venere che chiede armi a Vulcano da Tiziano Aspetti. Sul portale è presente un gruppo scultoreo costituito da tre figure, tutte di Alessandro Vittoria, raffiguranti Venezia tra la Concordia e la Gloria. è sostenuto da due telamoni, attribuiti a Girolamo Campagna, sormontati da un bassorilievo raffigurante Venere che chiede armi a Vulcano da Tiziano Aspetti. Sul portale è presente un gruppo scultoreo costituito da tre figure, tutte di Alessandro Vittoria, raffiguranti Venezia tra la Concordia e la Gloria.
Hall of the College
La Sala del Collegio, che comunicava sia con l’Anticollegio che con la Sala del Senato, era destinata agli incontri del Collegio dei Savi e della Serenissima Signoria, organi distinti ma interconnessi che, riuniti, costituivano il cosiddetto “Pien”. “Collegio”. Qui furono ricevuti ambasciatori stranieri e fu quindi necessario che la sala fosse particolarmente sontuosa. Realizzata su un progetto di Palladio e Giovanni Antonio Rusconi, ma costruita sotto la supervisione di Antonio Da Ponte, porta sulla parete destra una dei due quadranti dell’orologio che la sala ha in comune con l’adiacente sala del Senato, e dipinti del Tintoretto, collocati sulle pareti e eseguiti tra il 1581 e il 1584 e del Veronese, che compongono il soffitto e tra i quali vi è un rappresentazione della battaglia di Lepanto.Tra le opere di Tintoretto ricordiamo il dipinto raffigurante le Matrimonio Mistico di Santa Caterina, assistito dal Doge Francesco Donà circondato da Prudenza, Temperanza, Eloquenza e Carità, caratterizzato, come gli altri, dall’ulteriore difficoltà di dover coniugare un episodio votivo con il ritratto dogale, che tuttavia produrrà risultati incredibili in termini di soluzioni volte a rompere l’effetto di monotonia e ripetitività.che tuttavia produrrà risultati incredibili in termini di soluzioni volte a rompere l’effetto della monotonia e della ripetitività.che tuttavia produrrà risultati incredibili in termini di soluzioni volte a rompere l’effetto della monotonia e della ripetitività.
Il soffitto, tra i più belli dell’edificio, è uno dei più famosi capolavori di Paolo Veronese, a cui si devono gli undici dipinti che lo decorano, con decorazioni in legno di Francesco Bello e Andrea da Faenza. Anche di questi due artisti, che hanno lavorato nell’ambito del progetto del Palladio, è anche la corte con la cuccia centrale con una ricca trabeazione. Fede e Religione sono rappresentati nell’ovale al centro; la Fede, con vesti bianche e dorate, mostra il calice, mentre al di sotto è rappresentato un antico sacrificio con sacerdoti che bruciano incenso e si preparano ad immolare l’agnello. Al centro anche Marte e Nettuno, sullo sfondo, il campanile e il leone di San Marco, e Venezia in trono tra Giustizia e Pace (opera nota anche come Venezia accoglie giustizia e pace, eseguita tra il 1575 e il 1577 e contraddistinta da uno straordinario realismo è dall’interessante soluzione prospettica offerta dalla presenza di una scala semicircolare). Le altre otto tele “T” e “L”, caratterizzate da un cromatismo eccezionale, contengono personificazioni femminili delle virtù che possono essere identificate attraverso gli attributi che le accompagnano: un cane per la lealtà, un agnello per la mansuetudine, l’ermellino della purezza , una noce e una corona per la ricompensa, un’aquila per la moderazione, la ragnatela della dialettica, una gru per la vigilanza e una cornucopia per la prosperità.
Sopra i banchi del Doge e dei sei saggi, anche il Veronese è il ritratto votivo del doge Sebastiano Venier, dove il doge viene mostrato inginocchiato per ringraziare il Redentore per la vittoria di Lepanto, dipinta sullo sfondo. Si tratta di un’opera finalizzata a celebrare le gesta di Sebastiano Venier e dell’amministratore Agostino Barbarigo, in cui sono presenti anche le figure di santi Mauro e Giustina e le allegorie della Fede e di Venezia. Lungo il muro che ospita le finestre è un enorme camino, progettato da Girolamo Campagna che realizzò le statue laterali, raffiguranti Ercole e Mercurio.
Sala del Senato
Dalla Sala delle Quattro Porte si accede a questo ambiente, anche comunicando con il Collegio, con vista sul Palazzo di Rio e destinato alle riunioni del Consiglio di Pregadi (o Senato), deputato al governo della Repubblica. La sala mantiene ancora il suo antico nome: era anche chiamata Pregati perché ai suoi membri veniva “chiesto”, tramite un invito scritto, di partecipare alle riunioni del Consiglio. Più precisamente, i senatori furono eletti dal Maggior Consiglio tra i patrizi che si erano distinti in battaglia o nell’amministrazione della Repubblica. Devastato da un incendio nel 1574, che causò la perdita della precedente decorazione fatta da Carpaccio, Giorgione e Tiziano, la sua ricostruzione fu affidata ad Antonio Da Ponte e la sua decorazione ad altri importanti maestri, tra cui il Tintoretto,
Ricco e solenne, con splendidi intarsi e dorature, la sala ospita opere di Tintoretto e Jacopo Palma il Giovane, immerse nella doratura luminosa di cui abbonda l’ambiente. I cicli pittorici che arricchiscono le pareti furono realizzati tra il 1585 e il 1595 durante il dogato di Pasquale Cicogna. Lo stesso doge era rappresentato in due opere, una posizionata lungo le pareti e una parte della decorazione del soffitto. Sulla parete di fronte alle finestre è possibile vedere i due grandi orologi, uno dei quali mostra i segni dello zodiaco. L’orologio che segnava le ore girava in senso antiorario, come tutti gli orologi fatti in quel momento e sono indicati in tutte le ore del giorno sia mattina che pomeriggio, iniziando all’apice con le 6 del mattino perché secondo il medioevo la giornata iniziava a quell’ora, quando il il sole è nato.
Per quanto riguarda la decorazione delle pareti, è stato realizzato per scopi celebrativi. Sopra le sedi dei senatori, ricostruita nel corso del XVIII secolo, e sopra la corte c’è un ciclo che illustra le opere di alcuni dogi. Tra questi spicca il Cristo Morto adorato dai Dogi Pietro Lando e Marcantonio Trevisan, realizzato da Tintoretto. Le altre pareti presentano temi legati alle allegorie e le loro decorazioni sono state realizzate principalmente da Palma il Giovane, che tuttavia è stata aiutata nel lavoro da artisti come Domenico Tiepolo, Marco Vecellio e Tintoretto stesso. Un’altra importante opera di Palma il Giovane presente nella sala è l’Allegoria della Vittoria sulla Lega di Cambrai, costruita attorno all’anno 1590 e finalizzata a celebrare la guerra tra Venezia e le altre potenze europee, coalizzatelesi contro di lei dalla Lega di Cambrai:
Sono presenti come decorazioni a soffitto, completate nel 1581 e disegnate da Cristoforo Sorte, enormi cornici in legno dorato che incorniciano opere di Tintoretto, Marco Vecellio, Andrea Vicentino, Antonio Vassilacchi, Tommaso Dolabella, Palma il Giovane e Gerolamo Gambarato. Si può dire che la cornice in legno dorato consista nell’unione di pergamene, pergamene e festoni. Al centro spicca la grande tela rettangolare dipinta da Tintoretto con l’aiuto del figlio, Domenico, con Venezia assisa tra gli dei. Rappresenta il Trionfo delle Venezie un vortice crescente di creature mitologiche di origine marina, salito verso Venezia, seduto al centro, per offrire doni e riconoscimenti. Tra il consiglio degli dei che circonda la Serenissima vestiti con abiti regali, possiamo riconoscere Apollo, Mercurio, Crono, Marte e Vulcano.
Piccola chiesa e casa antica
Un’anticietta è collegata alla Sala del Senato, degna di nota per la sua decorazione costituita da stucchi e affreschi neoclassici, creati da Jacopo Guarana. Da questo luogo si accedeva alla chiesa privata del Senato, utilizzata solo da senatori e doge, ristrutturata da Vincenzo Scamozzi nel 1593. L’apparato decorativo di questa cappella palatina fu costruito per gli affreschi di Jacopo Guarana, mentre per le decorazioni architettoniche di Gerolamo Mengozzi-Colonna e suo figlio Agostino. Sull’altare si trova un bellissimo gruppo scultoreo creato da Jacopo Sansovino, raffigurante la Vergine con il Putto e gli Angeli.
Sala del Consiglio dei Dieci
La Sala del Consiglio dei Dieci era destinata all’incontro dell’omonimo organo, riservato e onnipotente, deputato alla sicurezza dello Stato. La suprema magistratura dello Stato, sui cui spietati metodi è stata spesso scritta ma non sempre imparzialmente, fu istituita nel 1319 come corpo temporaneo a cui affidare le indagini relative alla cospirazione Baiamonte Tiepolo, ma poi divenne una magistratura permanente, composta da dieci consiglieri e ampliato al Doge e ai sei consiglieri ducali; il consiglio dei Dieci prese posto su un podio di legno semicircolare dal quale discusse le indagini e le prove contro i nemici dello stato: un passaggio segreto ricavato da un armadio di legno conduceva alla stanza sul retro dei Tre Capi.
Nulla rimane dei mobili originali. Le decorazioni sono di Giambattista Ponchino, Paolo Veronese e Giovanni Battista Zelotti, con temi riguardanti la giustizia. Il soffitto della stanza, immaginariamente attribuito a Daniele Barbaro, fu dipinto negli anni Cinquanta del Cinquecento ed è il debutto di Paolo Veronese nella scena veneziana. Più precisamente, il Veronese è l’autore di tre dei dipinti attualmente presenti tra i nove che compongono il soffitto. Fu dipinto dal pittore ventiseienne, veronese come aiutante del poco conosciuto Gian Battista Ponchino, da Zelotti e da Giacomo D’Andrea. L’ovale al centro, con Giove che colpisce i vizi, è una copia dell’originale Veronese confiscata da Napoleone e ora esposta al Louvre. D’altra parte, la scatola con Giunone è stata restituita, di nuovo da Veronese, con il corno ducale, le gemme e l’oro a Venezia, dall’originale sguardo prospettico. Sotto il soffitto c’è un prezioso fregio raffigurante Putti, armi e trofei. Le pareti sotto questa decorazione sono state realizzate da Andrea Vassilachi, Bassano e Marco Vecellio. La pittura di Venezia sul globo e sul leone, realizzata tra il 1553 e il 1564, è una delle allegorie nella stanza: l’opera di Zelotti, mette in risalto come i dipinti di quest’ultimo, pur essendo paragonabili a luci e colori a quelli del Veronese, si differenziava dalle opere di questo come quest’ultimo appare meno ingombrante e più naturale. Le pareti sotto questa decorazione sono state realizzate da Andrea Vassilachi, Bassano e Marco Vecellio. La pittura di Venezia sul globo e sul leone, realizzata tra il 1553 e il 1564, è una delle allegorie nella stanza: l’opera di Zelotti, mette in risalto come i dipinti di quest’ultimo, pur essendo paragonabili a luci e colori a quelli del Veronese, si differenziava dalle opere di questo come quest’ultimo appare meno ingombrante e più naturale. Le pareti sotto questa decorazione sono state realizzate da Andrea Vassilachi, Bassano e Marco Vecellio. La pittura di Venezia sul globo e sul leone, realizzata tra il 1553 e il 1564, è una delle allegorie nella stanza: l’opera di Zelotti, mette in risalto come i dipinti di quest’ultimo, pur essendo paragonabili a luci e colori a quelli del Veronese, si differenziava dalle opere di questo come quest’ultimo appare meno ingombrante e più naturale.
Sala della Bussola
Accanto a questa stanza si trovava la Sala della Bussola, che fungeva da anticamera per quelli che erano stati convocati dai potenti magistrati, che deve il suo nome alla grande bussola in legno che conduce in circoli giudiziari adiacenti ed è sormontata da una statua di Giustizia. La sua decorazione allegorica fu completata nel 1554 da Paolo Veronese. Anche in questa sala, il dipinto al centro del soffitto, un capolavoro di Paolo Veronese raffigurante San Marco, fu rimosso dai francesi nel 1797 e conservato al Louvre. Il monumentale camino è progettato da Sansovino, mentre i dipinti alle pareti celebrano le vittorie di Carmagnola. Le pareti si distinguono per la presenza di pannelli in legno.
Altri ambienti giudiziari del terzo piano nobile
Coloro che sono stati convocati nei circoli giudiziari vicini sono passati dalla bussola nella sala di cui è l’omonimo.
La Camera dei Tre Capi del Consiglio dei Dieci, con opere di Tintoretto, Veronese, Giambattista Ponchino e Giambattista Zelotti, dove radunarono i capi eletti per ruotare ogni mese da questo consiglio, che era responsabile dell’istruzione delle prove. Il loro compito era di aprire lettere e convocare riunioni straordinarie del Gran Consiglio; La decorazione del soffitto fu realizzata tra il 1553 e il 1554: l’ottagono centrale raffigurante la Vittoria della Virtù sul vizio, opera di Zelotti. Il veronese e il ponchino si dedicarono principalmente alla decorazione dei settori laterali. Da questa stanza è possibile accedere alla Sala del Consiglio dei Dieci attraverso un passaggio segreto nascosto da un armadietto di legno.
La Sala dei Tre Inquisitori di Stato, con dipinti di Tintoretto realizzati tra il 1566 e il 1567, dove i potenti e temuti magistrati erano incaricati di garantire la sicurezza del Segreto con ogni mezzo e a loro completa discrezione, scelti tra il Consiglio dei Dieci e Consiglieri del Doge. Questa magistratura fu creata nel 1539 e divenne nota poiché era stata autorizzata a conoscere le informazioni con qualsiasi mezzo, compresi deliri e torture.
La Camera di Tormento, stanza di tortura direttamente collegata ai Piombi strapiombanti, dove gli interrogatori venivano condotti in presenza di magistrati giudici. Nonostante tutto, la tortura cominciò ad essere abbandonata nel diciassettesimo secolo.
Armeria del palazzo
L’armeria del palazzo, un complesso di stanze adibite a deposito per gli armigeri di Palazzo, consisteva in quattro stanze e ci sono circa 2000 pezzi di prestigio. È l’angolo tra la facciata verso il Rio di Palazzo e quella sul Molo.
Sala I o Sala del Gattamelata: questo è il nome dato alla bella armatura appartenente al Gattamelata, il soprannome di Erasmo da Narni. In questa stanza ci sono anche altre armature del sedicesimo secolo, alcune come fanti, alcune come cavaliere e altre come tornei. In particolare, notiamo l’armatura di un bambino o forse un nano, ritrovato dopo la battaglia di Marignano. Nella sala sono inoltre esposti archi, balestre, lanterne di navi di origine turca.
Sala II o Sala del Re di Francia: caratterizzata dalla presenza di uno stendardo turco, bottino della battaglia di Lepanto e finemente decorata, la stanza ha anche un’armatura appartenente ad Enrico IV di Francia, donata alla Serenissima o nel 1603 o 1604, un’armatura per testa equina, spadoni, alabarde decorate. L’armatura reale è collocata all’interno di una nicchia progettata da Vincenzo Scamozzi.
Sala III o Sala Francesco Morosini come dedicata a quest’ultimo dal Consiglio dei Dieci: è caratterizzata dalla presenza di un busto bronzeo di quest’ultimo, posto in una nicchia. Nella sala sono conservate anche spade, alabarde, faretre, balestre, una colubrina decorata che risale al XVI secolo, un arcabus seicentesco con venti cannoni.
Sala IV: caratterizzata dalla presenza di numerose armi miste, vi sono conservate le balestre del XVI secolo, mazze da fuoco, asce, spade di fuoco, archibugi. C’è anche la scatola del diavolo, che può nascondere quattro canne e una freccia avvelenata. Vi sono anche numerosi strumenti di tortura, affiancati da una cintura di castità e alcune armi appartenenti alla famiglia Carrara, originaria di Padova ma sconfitta dai Veneziani nel 1405.
Ambienti amministrativi
Dall’Atrio quadrato è possibile accedere alle sale dedicate all’amministrazione e alla burocrazia dell’edificio, con la sala del Notaio Ducale, segretario delle varie magistrature dello Stato, e quella del Deputato al Segreto del Consiglio dei Dieci , segretario speciale del potente consiglio. Queste due sale possono anche essere raggiunte salendo una scala che le collega ai pozzi. Gli uffici del Cancellier Grande si trovavano nel mezzanino sopra il Reggente della Cancelleria, a capo degli archivi, eletti direttamente dal Maggior Consiglio, con l’adiacente Sala della Cancelleria Segreta, dove erano conservati i più importanti documenti amministrativi in numerosi armadi : sulle porte superiori, specchio, stemmi e nomi si distinguono dai cancellieri che si succedettero a partire dal 1268.
Palazzo Ducale di Venezia
Il Palazzo Ducale (italiano: Palazzo Ducale) è un palazzo costruito in stile gotico veneziano, e uno dei principali punti di riferimento della città di Venezia nel nord Italia. Il palazzo fu la residenza del doge di Venezia, suprema autorità della ex Repubblica di Venezia, inaugurata come museo nel 1923. Oggi è uno degli 11 musei gestiti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia.
La storia del Palazzo Ducale a Venezia inizia nel Medioevo e prosegue con numerose estensioni, ristrutturazioni e demolizioni volte ad adattare l’edificio alle nuove esigenze della città e in particolare la necessità di dare un posto a quegli enti governativi che aumentando il loro numero, iniziarono a sostenere il doge nell’amministrazione, privandolo di alcuni poteri e diminuendo gli spazi a sua disposizione.
Nell’810, dopo che Venezia era diventata la capitale della Serenissima prendendo il posto di Eraclea e Metamaucum, lì fu costruita la sede del doge, probabilmente nella forma di un edificio fortificato e turrito, presto affiancato da una basilica.
Il complesso rimase sostanzialmente immutato nel suo aspetto fino al XII secolo, quando, con la dogato di Sebastiano Ziani, fu inaugurata un’epoca caratterizzata da numerosi restauri, che coinvolgevano tutte e tre le ali. Nelle ali meridionale, occidentale e orientale i lavori iniziarono prima del 1340, 1424 e 1483 rispettivamente, in quest’ultimo caso a seguito di un incendio che sarebbe seguito da altri due, il che avrebbe portato alla distruzione di molte opere d’arte, prontamente sostituito grazie al lavoro dei principali maestri veneziani. Costruita le nuove prigioni e ristrutturato il piano terra tra il XVI e il XVII secolo, il Palazzo non fu più oggetto di importanti opere, ma fu vittima di un danno che portò alla rimozione di numerose opere d’arte.
Con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia, l’edificio passò sotto la giurisdizione di quest’ultimo e divenne un museo, una funzione che continua ad esibirsi ospitando la sede del Museo Civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE) e nel 2012 visitato da 1 319 527 persone.